Poppi

Poppi in Casentino, prima valle dell’Arno tra le province di Firenze e Arezzo. Dal 2002 Poppi è certificato “Uno dei borghi più belli d’Italia” per la sua magnifica struttura di “città murata” che racchiude in sé secoli di bellezza artistica e architettonica, a partire dal medioevo con la millenaria Abbazia di San Fedele, una vera e propria pinacoteca con dipinti – tra gli altri – di Ligozzi e Morandini, e l’imponente Castello dei Conti Guidi noto come il “castello di Dante Alighieri” che lo ospitò esule da Firenze. Un castello tra i meglio conservati d’Italia con al suo interno dieci splendide sale, tutte visitabili oltre all’altissima torre dalla quale si può ammirare lo spettacolo della più tipica campagna toscana. Tra gli interni del castello da evidenziare, la cappella affrescata da Taddeo Gaddi, primo allievo di Giotto e la Biblioteca Rilliana, ricca di oltre 25.000 volumi antichi tra codici miniati, incunaboli, manoscritti medievali e rinascimentali.

Una particolarità museale del castello dei Poppi è la sua appartenenza alla importante Rete Museale Ecomuseo del Casentino, una rete di ben 15 preziosi, piccoli-grandi musei diffusi in tutta la valle, ognuno con una sua originalità.

Infine, al Piano Nobile del castello, il magnifico Plastico della Battaglia di Campaldino, fedelissima ricostruzione storica del celebre scontro tra Guelfi e Ghibellini, vera e propria attrazione per il pubblico di ogni età.

Con lo scorrere dei secoli il borgo di Poppi si arricchisce di altre perle quali l’Oratorio della Madonna contro il Morbo eretto a ringraziamento per la fine della terribile peste del ‘600; un originale tempio a pianta esagonale e tetto “a squame” in raro stile “barocchetto toscano”. Proseguendo nella visita, si potrà ammirare un’altra delle peculiarità di Poppi, la doppia fila di portici che, senza interruzione, fiancheggiano tutto il borgo maestro permettendo al visitatore una piacevole passeggiata con ogni condizione climatica.

Il Castello di Poppi (sec. XIII) è noto come “il castello di Dante”. Dante esule da Firenze vi soggiornò nel 1310 ospite dei Conti Guidi, potente famiglia toscana dell’epoca e vi compose il celebre canto XXXIII dell’Inferno, dedicato ai traditori e al Conte Ugolino. Il Castello di Poppi, opera della celebre famiglia di architetti Di Cambio, è ritenuto il prototipo di Palazzo Vecchio a Firenze. Un castello tra i meglio conservati d’Italia con al suo interno dieci splendide sale, tutte visitabili, oltre all’altissima torre dalla quale si può ammirare lo spettacolo della più tipica campagna toscana. Tra gli interni del castello, da evidenziare, la cappella affrescata da Taddeo Gaddi, primo allievo di Giotto e la Biblioteca Rilliana, ricca di oltre 25.000 volumi antichi tra codici miniati, incunaboli, manoscritti medievali e rinascimentali. Vera e propria attrazione per il pubblico di ogni età situato al Piano Nobile del castello, il magnifico Plastico della Battaglia di Campaldino, fedelissima ricostruzione storica del celebre scontro tra Guelfi e Ghibellini.

Camaldoli e il suo Eremo, Luoghi di spiritualità universali

Il Casentino è definito “La Valle dell’Anima”. Non a caso nel territorio di Poppi, a non più di un quarto d’ora d’auto dal centro storico, sono raggiungibili due luoghi di spiritualità universalmente noti, il Monastero e l’Eremo di Camaldoli immersi in quella straordinaria area naturale costituita dal Parco nazionale delle Foreste Casentinesi.

Camaldoli è una comunità di monaci benedettini fondata oltre mille anni fa da San Romualdo. La comunità monastica vive nella ricerca di Dio, nella preghiera e nel lavoro ma ai tempi nostri è aperta a chiunque, donne e uomini soprattutto attraverso l’ospitalità. Fin dalle sue origini il Monastero di Camaldoli è stato un luogo aperto all’accoglienza di ospiti e pellegrini. La Foresteria del monastero offre a tutti uno spazio aperto di approfondimento spirituale e culturale, di dialogo e di incontro inclusa la possibilità di soggiorno.

Altro punto di assoluto rilievo del monastero è l’Antica Farmacia o laboratorio galenico, in cui i monaci lavoravano spezie e piante medicinali per curare i malati dell’antico “ospitale”. Risalente al 1450 e tutt’oggi attivissima nella preparazione di prodotti per la cura del corpo ed il mantenimento della salute, questi manufatti, conosciuti e apprezzati da secoli, sono ancor oggi acquistabili in loco ogni giorno dell’anno.

La chiesa del monastero è naturalmente il punto focale per l’esercizio della spiritualità sia dei monaci che degli ospiti. Ristrutturata più volte nel corso dei secoli ci appare oggi in stile barocco e racchiude in sé opere d’arte di autori altisonanti tra i quali Giorgio Vasari presente con ben sette tavole.

In ogni monastero benedettino un rilievo particolare è dato alla biblioteca, particolarmente ricca questa di Camaldoli, con oltre 35.000 preziosissimi libri antichi, documenti manoscritti (medievali e rinascimentali) e incunaboli, i primi libri a stampa dell’umanità.

Il Sacro Eremo

Salendo in altitudine, a pochi chilometri di distanza si trova il Sacro Eremo di Camaldoli, nato poco dopo la fondazione del monastero per ospitare i monaci desiderosi di abbandonare totalmente la vita comunitaria per la clausura in mezzo alla foresta.

L’Eremo è un agglomerato di celle eremitiche con la chiesa per la preghiera comune. La cella del monaco è una minuscola abitazione rivestita in legno per isolarla dal freddo con antistante un piccolo giardino circondato da mura. L’interno è costituito da tutto quello che può servire alle essenziali necessità dell’eremita, un letto ad alcova e un piccolo armadio a muro. Le celle sono tutte visitabili inclusa la cella del fondatore di Camaldoli San Romualdo.

Anche al Sacro Eremo la biblioteca riveste un’importanza fondamentale per la vita spirituale e intellettuale sia dei monaci che dei visitatori; questi ultimi – a determinate condizioni – possono accedervi per visionare e/o consultare gli antichi volumi.

Da ultimo, ma non certo di minore importanza, vi è la chiesa del Sacro Eremo. Eretta nello spazio del primitivo oratorio, risale al sec. XVIII. Ricchissima di opere d’arte, tra le quali spicca uno splendido altorilievo in ceramica di Andrea della Robbia di fine ‘400.

Badia Prataglia è una frazione montana del territorio di Poppi a 850 metri di altitudine al confine tra Toscana e Romagna. Una vera e propria “enclave” in quanto distante geograficamente dal capoluogo di fondovalle ma inserita all’interno di quella meraviglia naturalistica costituita dal Parco nazionale delle Foreste Casentinesi.

Non a caso Badia Prataglia è una stazione climatica nota e apprezzata fin dalla fine del 1800 ed a maggior ragione ai tempi nostri. Con l’istituzione del Parco nazionale – infatti – a Badia Prataglia risiede il principale Centro Visite ed il primo centro di accoglienza, per la presenza sia del maggior numero di strutture ricettive che per attività.

La struttura urbanistica del paese è assai caratteristica ed è costituita da un insieme di piccoli gruppi di abitazioni chiamati castelletti, sparsi a poca distanza l’uno dall’altro, nascosti tra castagneti ed abetine, ognuno con una sua peculiarità e con un originale nome proprio: Fiume d’Isola, Sassopiano, La Maestà, Casa Balena e così via.

La storia di Badia Prataglia è stata fortemente determinata dal rapporto che i monaci camaldolesi hanno saputo instaurare nel corso dei secoli con la foresta. L’antichissima Abbazia di Prataglia venne infatti fondata intorno al 986 da monaci benedettini. Attualmente la residua chiesa abbaziale si trova in eccellenti condizioni di conservazione, sia per quanto riguarda la navata centrale che la sua splendida cripta.

Nei secoli il paese ha sempre vissuto delle attività legate allo sfruttamento della spettacolare foresta che circonda Badia Prataglia. Al rapporto di collaborazione tra i monaci camaldolesi e gli abitanti si deve la lungimirante espansione e conservazione della foresta giunta rigogliosa fino ai giorni nostri. Tale risultato è dovuto anche, in epoca più tarda, alla illuminata politica forestale del Granduca Leopoldo II di Lorena e all’opera di Karl Siemon (poi italianizzato Carlo Siemoni), ingegnere forestale ed eccezionale esperto in selvicoltura e botanica, chiamato personalmente dal Granduca per rimediare alle condizioni critiche della foresta dovute ai tagli indiscriminati operati sia da parte dei monaci camaldolesi – che commerciavano il legname – che dai coloni romagnoli .

L’economia del paese, che oggi si basa soprattutto sulle attività turistiche, un tempo era imperniata sulla lavorazione del legno e da sempre ha consentito un’attività di coltivazione e cura nel pieno rispetto della natura: ne è testimonianza l’eccellente stato attuale del patrimonio forestale e la creazione dell’Arboreto, nato come parco-giardino della villa che i Granduchi Lorena possedevano a Badia Prataglia e, successivamente, trasformato ed ampliato per poterlo utilizzare come impianto per l’acclimatazione di specie arboree esotiche in commistione con piante autoctone di interesse forestale. Assolutamente da visitare!

Del secolare rapporto tra spiritualità e foresta rimane ancora oggi traccia tangibile nella cultura e negli abitanti di Badia Prataglia, custodi gelosi delle loro antiche tradizioni fatte di canti, riti popolari e religiosi. Tra queste sono da ricordare la “Cenavecchia”, il “Cantar Maggio” e la “Festa dei Fochi” che ogni anno, nella prima settimana di settembre, raccoglie migliaia di persone intorno ad uno spettacolare falò propiziatorio.

Dulcis in fundo, la gastronomia di Badia Prataglia e la straordinaria capacità dei suoi abitanti di ricavare “molto dal poco”, vale i dire il massimo risultato da poche per non dire minime risorse. La semplicità tipica della gente di montagna è riconoscibile anche nella preparazione di molti piatti la cui bontà non è seconda a quella di ricette più raffinate.

Detto ciò, al di là di qualche “piatto povero” comune a tutta la Toscana (panzanella, ribollita, castagnaccio e così via), la comunità di Badia Prataglia ha creato nei secoli alcune vere e proprie specialità partendo da ingredienti davvero poveri: l’acquacotta (il nome dice già tutto di un piatto poverissimo fatto di pane raffermo, cipolla, pomodoro, aglio e qualche verdura se disponibile). La scottiglia, una sorta di cacciucco di terra, risultato dall’insieme delle carni più diverse. Il raviggiolo, latticino delicatissimo offerto in deliziosi piccoli canestri adornati di felci.

Creare tanto con poco. Creatività profonda di una comunità antica, orgogliosa, coesa, autentica: la Comunità di Badia Prataglia nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi. Un luogo che vale un viaggio!

A quattro passi dal centro storico di Poppi si trova il Casentino Golf Club, un luogo di incomparabile bellezza aperto a tutti, amanti del Golf e non perché il Club è uno dei pochissimi in Italia di proprietà pubblica.

Dalla club house, posta alla sommità di ampi terrazzamenti circondati da boschetti di querce e castagni, è possibile ammirare gran parte della valle del Casentino punteggiata in ogni dove da castelli medievali, pievi romaniche, scavi etruschi e luoghi di spiritualità universalmente conosciuti quali il monastero e l’eremo di Camaldoli e il santuario francescano della Verna.

Il percorso del Casentino Golf Club è immerso in questo cuore verde della Toscana e può essere goduto in tutta la sua bellezza.

Ai golfisti sarà utile sapere che le 13 buche attuali presentano tutte elementi di interesse e vanno giocate con attenzione. La tecnica e la precisione sono preferibili a particolari doti di potenza. Gli ostacoli naturali e la conformazione offrono la possibilità di utilizzare tutti i bastoni della sacca a disposizione del giocatore, così come tutti i colpi del repertorio.

A disposizione di tutti, per lo sport o anche solo per un drink o una cena, il Casentino Golf Club offre la Club house, il Green bar, il ristorante panoramico e un grande parcheggio.

L’offerta tecnica prevede invece nolo di sacche e bastoni, nolo carrelli, nolo golf cart. Lezioni con Maestro, Golf shop, sala carte, sala TV. Un Campo pratica con 7 postazioni coperte e 14 su erba, putting green, pitching green, bunker pratica. Soft spikes obbligatori.

La Biblioteca “Rilliana”

Tra le “perle” del castello di Poppi, in primo piano troviamo la splendida biblioteca detta “Rilliana” dal nome del suo donatore, il Conte Fabrizio Rilli-Orsini che nel 1825 donò la sua preziosissima collezione privata alla Comunità di Poppi.

La biblioteca si accrebbe con lasciti privati quali la Biblioteca Soldani e soprattutto con i fondi provenienti dai monasteri soppressi dalle leggi napoleoniche, come Camaldoli.

Ad oggi – dunque – la Sezione storica della biblioteca comprende in sé

000 volumi e opuscoli datati tra il 1550 e il 1900
930 incunaboli (una delle maggiori raccolte italiane)
868 manoscritti (di cui 150 medievali e rinascimentali)
Nel 1995, grazie ai fondi librari donati dal Prof. Vittorio Vettori, poeta, scrittore, critico letterario e dantista è stata creata la Sezione moderna della biblioteca dotata di oltre 35.000 volumi del secolo XX e XXI. A seguito di questa generosa donazione, il nome della biblioteca è cambiato in Rilli-Vettori.

La Cappella dei Conti Guidi

E’ sicuramente l’ambiente di maggiore pregio artistico di tutto il castello. Collocata al Piano nobile, vi si accede dal bel ballatoio ligneo. Sulla volta della navata unica si trova uno dei più importanti cicli di affreschi realizzati intorno al 1330 e attribuiti a Taddeo Gaddi, principale allievo di Giotto. Il ciclo pittorico, sviluppato su tre pareti affrescate, rappresenta le Storie del Vangelo. Si tratta di sei episodi, due dedicati a Maria (Presentazione di Gesù al Tempio e La Dormizione della Madonna), due a San Giovanni Battista (L’incontro con Gesù di San Giovanni nel deserto e La danza di Salomé), due a San Giovanni Evangelista, il discepolo prediletto di Cristo (La Resurrezione di Drusiana e l’Assunzione di San Giovanni). Sotto queste pitture, perimetralmente alla cappella, si trova una serie di figure di santi a mezzo busto. Purtroppo, solo quattro di queste sono giunte ai giorni nostri.

Infine, è da segnalare che – in origine – la cappella comprendeva in sé anche un altare e un coro che sono andati perduti (in epoca granducale) per la destinazione ad uso carcerario della cappella stessa.

Campaldino

La celebre battaglia di Campaldino si combatté ai piedi del castello di Poppi l’11 giugno 1289 fra i guelfi, prevalentemente fiorentini, e i ghibellini, prevalentemente aretini, alla quale parteciparono, tra gli altri, Dante Alighieri e Cecco Angiolieri. La vittoria dei guelfi, costituì un evento chiave nel processo di progressiva affermazione dell’egemonia di Firenze sulla Toscana. Dante prese parte in prima linea alla battaglia fra i feditori e riporterà questa sua forte esperienza nel canto V del Purgatorio. Dal 1911, nella piana di Campaldino, una stele in marmo di grandi dimensioni detta “La Colonna di Dante”, è stata posta a memoria della battaglia e, con sottile ironia toscana, la popolazione locale l’ha da subito rinominata “la valigia di Dante” per il suo singolare aspetto.

Abbazia di San Fedele

Complesso abbaziale antichissimo del quale si hanno notizie fin da prima del X secolo. Nel 1007 era già un monastero benedettino. Nella seconda metà dell’XI secolo adottò la regola vallombrosana. La sua struttura architettonica è primitiva e bellissima, rappresentata da una navata unica a pianta latina tra gli stili romanico e gotico con tetto a capriate lignee. L’abbazia ha sfidato i secoli giungendo a noi in eccellenti condizioni di conservazione grazie alla cura costante dei monaci e – in tempi più “recenti” – alla Venerabile Compagnia di San Torello, patrono di Poppi e del Casentino. Oggi, l’Abbazia di San Fedele, oltre che una splendida chiesa romanica, può dirsi una vera e propria pinacoteca e non solo per quanto è densa di opere d’arte che vanno dalla pittura su tela (Ligozzi, Morandini, Solosmeo, Maestro della Maddalena, per citarne solo alcuni) o su quella lignea (splendido il grande crocefisso trecentesco al centro della navata in perfetto “stile Cimabue”). Per non parlare del busto di San Torello, opera d’arte orafa finissima, realizzato in bronzo dorato e argento lavorato a sbalzo risalente al XIV secolo e – non certo per ultime – le spettacolari vetrate a levante della chiesa e l’incredibile rosone a ponente che si “accende” letteralmente al sole al tramonto. Per finire, l’Abbazia nasconde in sé un’ultima meraviglia: la cripta, composta da tre navatelle su due pilastri, ornata da mille ex voto, contiene al suo interno un’urna preziosa in noce con le spoglie del Santo Torello, eremita, morto nel 1282.

Oratorio della Madonna contro il Morbo

La chiesa della Madonna contro il Morbo, come si evince dal nome, è stata eretta tra per la fine della terribile peste del ‘600 come ringraziamento da parte del popolo di Poppi.

Non a caso, l’Oratorio è “di proprietà del popolo” (come risulta dallo statuto della Compagnia), proprio perché fu realizzato a spese della popolazione.

Architettonicamente la chiesa è di assoluta originalità: a pianta ottagonale con cupola e tetto “a squame”, è per tre lati circondata da un delizioso portico. Il tutto riassumibile in uno stile piuttosto raro, il cosiddetto “barocchetto toscano” vale a dire, un barocco “leggero”, particolarmente elegante e non troppo ampolloso, chiaramente visibile nelle colonne a torciglione, nei timpani e nei decori.

Di assoluto rilievo anche le opere d’arte presenti nella chiesa. Una Madonna con il Bambino e san Giovannino attribuita alla scuola di Filippino Lippi ed una tela di Lorenzo Lippi, datata 1664 e raffigurante i Santi Giuseppe, Antonio da Padova con il bambino e il beato Torello da Poppi con a fianco un lupo.

Uff. Info c/o
Castello Conti Guidi
Piazza Repubblica 1
52014 Poppi
Arezzo
tel 0575 520516
info@castellodipoppi.it

Esplora tutte le vie di Dante...